Prendiamo le distanze dalla trasmissione “Anni 20” che, in un contesto tanto drammatico come quello attuale, diffonde un condensato di fake news e disinformazione spacciandolo per servizio pubblico.
Altrettanto gravi sono le dichiarazioni di alcuni rappresentanti politici sull’episodio: non si tratta di pluralità di informazione, ma di diffondere una quantità aberrante di falsità. A chi, quindi, oggi denuncia una presunta volontà di censura nei confronti del siparietto andato in onda, dobbiamo rispondere ancora una volta che la libertà di espressione non è libertà di affermare e diffondere il falso, ingannando in modo intenzionale gli ascoltatori.
Tutto questo non è degno di un servizio che possa essere ritenuto pubblico.
Cogliamo altresì l’occasione per ribadire, ancora una volta, l’utilizzo assolutamente sconsiderato e strumentale dello slogan “ce lo chiede l’Europa”.
Ma chi è l’Europa? I capi di stato e di governo riuniti nel Consiglio Europeo? Il Parlamento europeo? La Commission europea? Ormai da anni questo slogan ha consolidato un capro espiatorio perfetto: tutte le volte che qualcosa non funziona viene attribuito ad una lontana quanto astratta Europa, con un’attenta selezione di temi aggregati in modo confuso e tendenzioso. Perpetrando questa narrazione distorta, non solo si dice il falso ma si danneggiano i cittadini tutti.
Proprio in questo periodo infatti è necessario uno sforzo ancora più grande per poter valorizzare al meglio l’enorme quantità di investimenti introdotti dall’Unione europea tramite il piano di rilancio.
Diffondendo queste menzogne, non si fa altro che andare contro i bisogni, le urgenze e le aspettative dei cittadini. Non è solo un servizio di due minuti, è la volontà di minare la possibilità di un futuro davvero migliore in Europa e nel mondo.
Roma, 14 maggio 2021