Di fronte al disimpegno degli Stati Uniti in Ucraina, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto un piano in cinque punti per riarmare l’Europa e proseguire il sostegno a Kyiv. Il piano, dal nome “Rearm Europe”, propone una serie di misure strategiche per garantire la sicurezza continentale, in un momento di crescente incertezza geopolitica.
La proposta si articola in cinque punti principali, che spaziano dall’attivazione della clausola di salvaguardia per gli investimenti nella difesa degli Stati membri, all’incoraggiamento ad aumentare la spesa militare di almeno l’1,5% del PIL. Un altro aspetto cruciale è la creazione di un fondo di 150 miliardi di euro destinato a prestiti per investimenti comuni nella difesa, con l’obiettivo di potenziare le capacità militari e di garantire la preparazione dell’Europa ad affrontare le minacce immediate.
L’obiettivo è la garanzia che l’Europa sia in grado di fronteggiare le urgenze immediate, a partire dal supporto alla resistenza ucraina, ma anche che la sicurezza europea si assuma maggiori responsabilità. Ciò che stona è la strategia.
Per quanto nell’Unione europea solo Polonia e Francia si siano completamente adeguate agli standard NATO di investire il 2% del PIL in difesa, è bene fare notare come la spesa militare complessiva degli Stati membri dell’Unione europea superi già largamente quella della Russia e come, nonostante ciò, gli eserciti nazionali europei non abbiano svolto alcuna funzione di deterrenza a est del continente. La domanda che sorge spontanea è: a cosa serve aumentare ulteriormente questa spesa attraverso un metodo intergovernativo, quando già oggi l’Europa si trova in una posizione di superiorità numerica e tecnologica?
Se la sicurezza dell’Europa intera e unita è l’obiettivo, è fondamentale che la risposta non sia solo quella di un rafforzamento delle singole capacità nazionali, ma l’integrazione e la creazione di una vera politica di difesa comune. Non basta coordinare le forze armate nazionali, è necessaria la creazione di un esercito europeo, pronto ad affrontare le sfide di un mondo sempre più frammentato e instabile.
Da un punto di vista pratico, un investimento così oneroso nelle difese nazionali non solo allontanerebbe questa prospettiva di unità, a causa delle forti differenze nei sistemi, nei programmi e nelle tecnologie tra i vari Stati membri, ma sancirebbe la sua definitiva rinuncia. Questo non è ciò che i fondatori dell’Unione europea avevano immaginato con la CECA, il Trattato che ne ha dato origine: la messa in comune delle risorse per azzerare il rischio di conflitti tra Stati. Insomma, non serve aumentare gli armamenti, serve unire.
Il Consiglio europeo che si riunirà questo fine settimana ragioni sul fatto che solo un esercito europeo integrato e coeso potrà essere in grado di rispondere in modo efficace alle sfide future e di garantire un sostegno continuo all’Ucraina, in attesa di una pace giusta e duratura. L’Europa non può più permettersi di rimandare decisioni cruciali: siamo al bivio della storia, e il momento di agire è ora.
Non aumentare ma unire: la strategia corretta sugli armamenti per garantire sicurezza all’Europa
Di fronte al disimpegno degli Stati Uniti in Ucraina, la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ha proposto un piano in cinque punti per riarmare l’Europa e proseguire il sostegno a Kyiv.
Se l’obiettivo è la sicurezza dell’Europa intera e unita, è fondamentale che la risposta non sia solo quella di un rafforzamento delle singole capacità nazionali, ma l’integrazione e la creazione di una vera politica di difesa comune. Non basta coordinare le forze armate nazionali, è necessaria la creazione di un esercito europeo, pronto ad affrontare le sfide di un mondo sempre più frammentato e instabile. Non serve aumentare gli armamenti, serve unire.